Dopo i primi casi di Coronavirus in Italia molti scienziati e studiosi si sono chiesti da quanto tempo il virus circolasse nel nostro Paese e in Europa andando a ricercare tracce e informazioni utili per ricostruire la diffusione dalla Cina. Oggi si aggiunge un altro tassello, la Scuola IMT Alti Studi Lucca ha pubblicato uno studio sulla rivista Scientific Reports che si basa sull’ipotesi che i social media ci possono essere di aiuto per cogliere le prime avvisaglie di un’epidemia imminente battendo sul tempo la sua diffusione o, perlomeno, aiutandoci a contrastarla. Secondo l’articolo, il virus da Covid-19 “girava” su Twitter già prima degli annunci ufficiali sulla sua circolazione: a dircelo la stessa discussione online, animata in maniera significativa da post su strane polmoniti e tosse secca già diverse settimane prima che il cosiddetto “paziente 1” si presentasse all’Ospedale di Codogno.
“Early warnings of Covid-19 outbreaks across Europe from social media” è il titolo originale della ricerca condotta da Massimo Riccaboni, professore di Economia della Scuola IMT, assieme a una squadra di ricercatori composta da Michelangelo Puliga della Scuola Superiore Sant’Anna, Pietro Panzarasa, visiting professor della Scuola IMT e professore alla Queen Mary University di Londra e Milena Lopreite, dell’Università della Calabria.
Lo studio condotto a partire da marzo 2020, prende in esame i post pubblicati su Twitter nel periodo che va dal 1° dicembre 2014 al 1° marzo 2020, raccogliendo in unico database i tweet che utilizzano la parola chiave “polmonite” che, come abbiamo ben imparato in questi mesi, è il sintomo più grave del Covid-19. A questo si aggiunge il fatto che la stagione influenzale 2019-2020 è stata meno severa delle precedenti e non dovremmo riscontrare particolare preoccupazione tra la popolazione. Un filtro è stato poi utilizzato per escludere i retweet e i tweet contenenti link, in modo da evitare di “contare” la copertura mediatica delle prime notizie sulla comparsa del virus. La keyword è stata inoltre monitorata nelle sette lingue più parlate dell’Unione Europea: inglese, tedesco, francese, italiano, spagnolo, polacco e danese.
Analizzando il database delle menzioni online, i ricercatori hanno notato che già nelle settimane precedenti alla scoperta e all’annuncio dei primi casi di contagio da Sars-CoV-2 inizia a emergere qualcosa di anomalo. In tutta Europa, i post degli utenti Twitter mostrano inaspettati livelli di preoccupazione circa insolite polmoniti. Insomma, già da dicembre 2019, fatta eccezione per la Germania, l’intera discussione virtuale europea a tema polmonite si intensifica fino a evidenziare una significativa eccedenza. E la diffusione non è casuale, ma si concentra proprio nelle aree dove poi si sono sviluppati i primi focolai pandemici.
Con lo stesso metodo usato con la parola “polmonite”, i ricercatori hanno costruito un database contenente la parola chiave “tosse secca”, un altro dei sintomi che caratterizzano la sindrome da coronavirus. Anche in questo caso, l’analisi ha prodotto risultati analoghi: nelle settimane tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 circolava su Twitter un numero maggiore di post che citavano questo disturbo rispetto alla norma.
Possiamo allora considerare i social come sentinelle? I risultati dello studio evidenzierebbero l’urgenza di un sistema integrato di sorveglianza epidemiologica digitale, in cui i social media potrebbero avere un ruolo strategico sia nell’identificazione precoce delle catene di contagio, sia nel successivo monitoraggio dell’evoluzione dell’epidemia.
“Siamo rimasti sorpresi nel constatare come Twitter già all’inizio del 2020 abbia prontamente registrato un incremento significativo dell’attenzione sui sintomi che abbiamo imparato solo in seguito ad associare al Covid-19”, ha commentato il Professor Riccaboni della Scuola IMT.
Il sistema di sorveglianza della salute pubblica ha un ruolo fondamentale nell’aiutare i governi a tenere sotto controllo l’andamento di una malattia infettiva, identificare prontamente la necessità di dichiarare lo stato di emergenza e proporre misure concrete per contenere un’epidemia. Da gennaio 2020, quando la sindrome respiratoria acuta da Coronavirus ha cominciato a diffondersi dalla Cina all’Europa agli Stati Uniti, l’incertezza, la confusione e i ritardi nel riconoscimento dei segnali di allarme hanno probabilmente contribuito alle criticità nella gestione dell’emergenza da parte delle autorità sanitarie in diversi Paesi. Lo studio aggiunge un ulteriore esempio di come i social media potrebbero affiancare gli strumenti e le strategie di sorveglianza esistenti per completare e migliorare, anche a livello internazionale, il monitoraggio e la gestione dell’attuale pandemia e di altre future emergenze sanitarie.
A questo link è consultabile l’articolo pubblicato su Scientific Reports: https://www.nature.com/articles/s41598-021-81333-1
Foto di Miroslava Chrienova da Pixabay