Lo scorso 27 gennaio si è svolta a Moncalieri (TO) una esercitazione per testare tecnologie innovative applicate alle operazioni di protezione civile in emergenza. Questa iniziativa è un tassello di FASTER (First responder Advanced technologies for Safe and efficienT Emergency Response) progetto del programma europeo Horizon 2020 che coinvolge partner istituzionali e enti di ricerca di Italia, Portogallo, Francia, Spagna, Grecia, Polonia e Finlandia per individuare e sviluppare soluzioni tecnologiche a supporto dei primi soccorritori che intervengono su uno scenario di emergenza. Con Riccardo Conte e Mariella Monticone del servizio di protezione civile della Regione Piemonte, partner per l’Italia di FASTER, ho approfondito le tecnologie testate e i risultati di questa esercitazione.

Quali sono gli obiettivi del progetto FASTER?

È un progetto nato nel maggio del 2019, si compone di un 60-70% di partner tecnologici e un 30% di partner in rappresentanza dei sistemi regionali o nazionali di protezione civile, di cui è capofila il CERTH di Salonicco. Come Regione Piemonte siamo entrati nel progetto con due finalità: la prima, di nostro specifico interesse, per sviluppare un chatbot evoluto che possa permetterci un miglioramento nel dialogo tra operatori del soccorso e sale operative per lo scambio di informazioni, dati, immagini di ciò che si sta verificando sul territorio. Dall’altra, per organizzare un pilot, ovvero una esercitazione che viene ripetuta 2 volte, nel corso di un anno. Di pilot il progetto ne prevede 3, complessivamente, il primo è stato realizzato a Madrid a novembre del 2020, è seguito il nostro a gennaio 2021 e tra meno di un mese ce ne sarà un terzo a Kajaani in Finlandia. Gli scenari sono completamente differenti: il primo era dedicato al rischio sismico e a tutto quello che succede dopo una forte scosse di terremoto di magnitudo 7.5 nella città di Madrid. Lo scenario di Moncalieri era una alluvione in ambito urbano, dove abbiamo replicato l’evento che ha colpito questo territorio nel novembre 2016 e la terza invece sarà improntata su cosa fare in caso di attacco terroristico in una base strategica in Finlandia.

Quali innovazioni tecnologiche avete testato a Moncalieri?

Abbiamo fatto un test su dieci tool tecnologici diversi. Il primo è il chatbot in ambiente Telegram per lo scambio di informazioni e dati dal territorio verso le sale operative e viceversa. Il Chatbot è poi collegato ad un visualizzatore dove vengono mostrate le informazioni in maniera sintetica e di facile lettura. È un visualizzatore il cui acronimo GCOP/PCOP (glocal/portal operational picture), chiarisce che è uno strumento per la visualizzazione “real time” delle attività che vengono svolte dai soccorritori di protezione civile nell’ambito dello scenario emergenziale di protezione civile . Per questo test abbiamo avuto la fattiva collaborazione di quasi una quarantina di volontari che nel corso della mattinata di Moncalieri si sono distribuiti sul territorio e hanno segnalato la loro posizione inviando foto, video e stringhe di testo dal luogo dove si trovavano sulla base di quelle che erano le loro osservazioni sul campo.

Abbiamo poi testato altri 8 strumenti di vario tipo. Ne avevamo due portoghesi: una stazione meteo collegata al visualizzatore e degli access point che possono essere posizionati sul territorio ad una certa distanza l’uno dall’altro per cercare di coprire una area più vasta possibile per creare un “effetto ombrello” e garantire la copertura alternativa per internet nel caso di assenza della connessione in caso di emergenza. Il down o il sovraccarico di internet è infatti uno degli effetti collaterali principali che si osserva negli eventi di protezione civile.

L’Università greca di West Attica ci ha messo a disposizione degli strumenti textiles, sensori che vengono messi in una cintura che viene indossata dagli operatori e registrano alcuni bio-parametri nonché parametri atmosferici. Di questi ne abbiamo testati 5 con tre livelli di alert (verde, giallo e rosso): il battito cardiaco, la frequenza di respiro, l’accelerazione di picco di movimento, la temperatura e l’ecg. A questo si è aggiunto un amplificatore per il segnale internet, rescue box, anche questo nella logica di creare una rete mesh per il segnale internet e poter anche inviare ai vari gruppi di operatori del soccorso brevi messaggi di testo.

Tra gli strumenti c’era poi il 2d mapping tool, un tool cartografico usato in maniera abbinata al volo dei droni che permette una restituzione cartografica di elevatissimo dettaglio. A tutto questo si aggiunge l’attività dei droni che abbiamo usato insieme al tool cartografico e per effettuare dei sorvoli a 60 e 90 metri di altezza con cui abbiamo garantito uno streaming in diretta alla nostra sala operativa e a tutti i partner che erano collegati in video conferenza.

Che indicazioni avete raccolto da questa esercitazione?

Stiamo lavorando per avere in tempo reale un riscontro costante dagli operatori sul territorio su cosa sta succedendo e fare in modo di avere un racconto, anche minimale, fatto di foto, video, stringhe di messaggi. In questo modo potremmo anche capire come orientare le forze in campo per eventuali criticità che si verificano. Questo scambio di messaggi e segnalazioni con gli operatori del soccorso e la sala operativa avviene già in maniera piuttosto organica, già ora. Con questo strumento vorremmo, tuttavia, migliorare lo scambio di informazioni da e verso il territorio.

Il chatbot sarà utilizzato per dialogare con gli operatori sul campo o prevedete anche altri utilizzi?

A livello di sistema piemontese stiamo cercando di migliorare l’abitudine ad uno scambio di informazioni tecniche tra operatori sui vari territori e le sale operative; per questo vorremmo mantenere questo strumento anche dopo la conclusione del progetto nel 2022. Da qui alla fine del progetto vorremmo provare ad utilizzarlo anche al di fuori dei pilot per verificare se può essere uno strumento utile per le nostre necessità. Per l’interlocuzione con i cittadini ci sono anche altri strumenti, ci accontenteremmo di poterlo utilizzare per lo scambio di informazioni con i 15/16mila operatori del soccorso volontario che abbiamo in Piemonte. Se funziona si può, in seguito, potremo certamente verificare la possibilità di ampliare le potenzialità di detto strumento anche nell’ottica di forme di interlocuzione con le altre Amministrazioni piemontesi che si occupano di protezione civile .

Perché avete scelto Telegram?

Come settore lo stiamo già testando con i Comuni per quanto riguarda la dichiarazione della fase operativa in condizioni di allerta per rischio idraulico-idrogeologico. Telegram ha il vantaggio della personalizzazione che altri strumenti analoghi non hanno. Sono numerosi i difetti, invece, di un applicativo proprietario perché l’applicativo invecchia, gli smartphone si aggiornano e non leggono più l’applicativo che è necessario aggiornare e manutenere. In questo caso il chatbot si aggancia ad una piattaforma che di per sé viene sviluppata e aggiornata. Anche a livello di costo è assolutamente sopportabile e sostenibile perché resta da seguire solo la parte di programmazione del chat bot.

Quali saranno i prossimi passi?

La logica è quella di poter sviluppare ulteriormente il chatbot perché è ancora in versione beta. In questo anno vorremmo cercare di portarlo ad uno sviluppo maggiore e testarlo altre volte al di là del secondo pilot. In questo modo potremmo capire come può aiutarci e avere così uno strumento per la sala operativa che ci consenta una migliore interlocuzione con il territorio e in particolare con i nostri first responder.

 

Per maggiori informazioni sul progetto FASTER

[Le foto nell’articolo sono di Mariella Monticone – Regione Piemonte]