Da circa due anni abbiamo imparato a conoscere e maneggiare il termine infodemia, ovvero quella “sovrabbondanza di informazioni, accurate e meno accurate, durante una pandemia” come definita dall’OMS. Qual è l’impatto dell’infodemia sulla gestione della pandemia in corso?

A questa e ad altre domande hanno provato a rispondere, in un nuovo studio dal titolo: Infodemics: A new challenge for public health, pubblicato sulla rivista Cell, un team di esperti composto da epidemiologi computazionali, rappresentanti dell’OMS e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani, cinesi e africani, coordinati da Walter Quattrociocchi del Dipartimento di Informatica della Sapienza di Roma.

I ricercatori hanno messo così in relazione i due fenomeni, quello pandemico e quello infodemico, andando ad evidenziare le differenze essenziali ma anche le forti interconnessioni tra i due e la possibilità che si influenzino a vicenda.

Non bisogna sottovalutare l’impiego e le potenzialità offerte dalla Data Science – ha commentato sul sito della Sapienza Walter Quattorciocchi. “Questa, applicata ai contesti sociali, potrebbe essere utilizzata per cogliere meglio, ed eventualmente anche prevedere, l’evoluzione dell’opinione pubblica e gli effetti della stessa tanto sulla società quanto sulle politiche per la gestione della pandemia”.

Andando a leggere lo studio nel dettaglio, uno dei primi elementi che incontriamo è la differenza tra i due fenomeni: il processo di diffusione del virus, al contrario di quello delle informazioni, non gode della caratteristica dell’opzionalità. È infatti impossibile decidere di accettare, o non accettare, la presenza del virus mentre ogni utente ha la possibilità di accogliere un’informazione piuttosto che un’altra, rigettando quelle che non sono di suo gradimento.

L’altro elemento cardine dello studio sono i bias comportamentali, ovvero pregiudizi sviluppati sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso. Conoscere le dinamiche che mettiamo in atto quando processiamo informazioni è, infatti, fondamentale per una comunicazione efficace che consenta anche una gestione migliore della pandemia. Il primo comportamento preso in esame è il confirmation bias, ovvero la tendenza a cercare informazioni che confermino le nostre convinzioni e, allo stesso tempo, ignorare quelle che possano in qualche modo contrastarle. Questo tipo di atteggiamento si ripropone, a livello comunitario, anche in un secondo tipo di bias, l’echo chamber: termine con cui si intende la creazione di comunità omofile, gruppi di individui che si associano a partire dalla condivisione di una comune narrativa (verità), che trova così modo di rinforzarsi reciprocamente.

A tutto questo si aggiunge la polarizzazione, ovvero quella tendenza spesso determinata dall’atteggiamento dei media nel veicolare le informazioni legate alla pandemia. Occorrerebbe quindi partire da qui per cercare di far fronte al fenomeno infodemico, che, come posto in evidenza dallo studio, ha effetti diretti sulla gestione della pandemia.

Per leggere lo studio completo: https://www.cell.com/cell/fulltext/S0092-8674(21)01286-1

Foto di Muhammad Ribkhan da Pixabay.