In un tempo di profondi cambiamenti sociali ed economici, il volontariato continua a rappresentare uno degli argini più solidi contro l’erosione della fiducia collettiva. Non è solo una rete di aiuto e supporto, ma una vera e propria infrastruttura sociale. Lo conferma l’indagine realizzata da Sociometrica per Cesvot, che fotografa la relazione tra i cittadini toscani, la partecipazione civica e il terzo settore, restituendo un’immagine nitida: il volontariato è uno dei pochi luoghi dove la fiducia resiste, cresce e si trasforma in azione.
Due milioni di potenziali volontari: un capitale civico da non disperdere
La Toscana si scopre una regione con un enorme potenziale di partecipazione: oltre due milioni di cittadini si dichiarano pronti, a determinate condizioni, a intraprendere un’attività di volontariato. Un numero quadruplicato rispetto alle prime rilevazioni del 2023. Il dato più sorprendente? Il livello di fiducia nel volontariato tocca l’82,7%, una percentuale che supera quella accordata alle istituzioni e persino a molte realtà familiari.
Secondo Luigi Paccosi, presidente di Cesvot, “valorizzare il terzo settore significa non solo sostenere il welfare, ma anche promuovere una cultura della partecipazione attiva e della fiducia reciproca”.
Una crisi di rappresentanza, ma non di solidarietà
Se la partecipazione politica tradizionale mostra segni evidenti di crisi – con solo il 36% degli intervistati che esprime fiducia nelle istituzioni – il volontariato si afferma come alternativa concreta per chi cerca senso, comunità e impatto. Quasi un toscano su tre (31,8%) è coinvolto in attività di volontariato, tra forme organizzate e iniziative spontanee.
Nel dettaglio, 556.310 persone partecipano ad attività strutturate, mentre 282.869 volontari lo fanno con regolarità, integrando l’aiuto agli altri nella propria quotidianità.
Una vera “migrazione dell’impegno” dalla politica alla cittadinanza attiva, che pone domande cruciali su come ricostruire legami tra istituzioni e cittadini.
Quali bisogni? Quali motivazioni?
L’indagine mostra con chiarezza quali sono i bisogni pubblici più sentiti dai toscani:
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supporto alle persone vulnerabili (49,3%)
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prevenzione e salute pubblica (41,1%)
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povertà ed emarginazione (39,9%)
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inclusione sociale (26,7%)
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sostenibilità ambientale (20,8%)
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cultura (16,9%)
Le motivazioni che spingono all’impegno sono altrettanto forti: quattro toscani su dieci indicano il desiderio di contribuire al bene comune come prima ragione per fare volontariato. Ma il sistema deve sapersi adattare. Le condizioni più richieste per attivarsi riguardano la flessibilità (28,3%), la fiducia nelle associazioni (26,4%), l’impatto concreto delle azioni (33,3%) e la chiarezza nei ruoli (12,3%).
Informazione e fiducia: il passaparola come leva
Come si informano i toscani sul volontariato? Il passaparola è ancora il canale più influente (49,3%), seguito da piattaforme web dedicate (28,2%) e social media (11,7%). Da non sottovalutare il ruolo degli eventi e incontri pubblici (22,8%), che continuano a rappresentare un’opportunità decisiva di avvicinamento per i nuovi volontari. Ma un dato preoccupante emerge: il 18% dei cittadini non saprebbe dove trovare informazioni sul volontariato. Serve quindi una strategia comunicativa più inclusiva e capillare, che integri esperienze dirette, ambienti digitali affidabili e incontri dal vivo.
Social media e volontariato
Un’ulteriore dimensione interessante emersa dall’indagine riguarda la percezione dell’impatto dei social media sulla partecipazione al volontariato. I dati restituiscono un quadro complessivamente positivo, pur con alcune sfumature. Il 50,2% dei toscani intervistati ritiene che i social favoriscano l’impegno civico, contribuendo ad aumentare la consapevolezza e il coinvolgimento nelle attività del terzo settore. Solo il 12,6% esprime una visione negativa, ritenendo che i social possano ostacolare la partecipazione concreta generando un “impegno superficiale”, mentre il 37,2% mantiene una posizione neutra.
La prevalenza della percezione positiva riflette il riconoscimento delle opportunità offerte dai social media per amplificare la visibilità delle iniziative, mobilitare rapidamente in caso di emergenze o campagne, coinvolgere nuovi pubblici – in particolare i più giovani – e raccontare in modo efficace le storie di impegno e solidarietà. Inoltre, semplificando l’accesso alle informazioni e abbattendo barriere comunicative, i social si configurano come strumenti abilitanti per chi vuole avvicinarsi al volontariato.
Tuttavia, l’ampia fascia neutra e la quota – seppur minoritaria – di chi percepisce rischi nell’uso dei social, invitano a una riflessione più approfondita. Per molti, l’impegno civico rimane legato a motivazioni personali, culturali e relazionali che vanno oltre la dimensione digitale. Altri mettono in guardia dal rischio di “slacktivism”, cioè un attivismo confinato a gesti digitali privi di reale coinvolgimento, o dalla tendenza alla spettacolarizzazione delle esperienze.
Per questo le organizzazioni del terzo settore sono chiamate a un utilizzo strategico e consapevole dei social media: integrandoli all’interno di una comunicazione più ampia, collegando esplicitamente l’engagement online con opportunità concrete di partecipazione, privilegiando narrazioni autentiche e relazionali, e puntando su trasparenza e impatto tangibile. In questa prospettiva, i social media non devono sostituire l’esperienza reale del volontariato, ma possono rappresentare un prezioso alleato per rafforzarla, ampliarne la portata e attrarre nuove energie verso l’impegno civico. La sfida è quindi duplice: usare il digitale come leva di coinvolgimento, senza ignorarne le criticità. Serve una governance della trasformazione digitale che punti su educazione ai media, regolamentazione delle piattaforme, promozione di contenuti credibili e dialogo trasparente.
Costruire alleanze per il futuro
L’indagine si chiude con un messaggio chiaro: serve una nuova integrazione tra volontariato e istituzioni, basata su prossimità, reciprocità e visione condivisa. In un tempo in cui il senso di appartenenza si frammenta e la fiducia vacilla, il volontariato può rappresentare un’infrastruttura relazionale essenziale per ricostruire coesione sociale.
Come scrive Antonio Preiti, curatore della ricerca, “dobbiamo trasformare la spinta individuale al bene comune in organizzazioni nuove, credibili, all’altezza del presente”.
Il Rapporto è disponibile a questo link.
Foto copertina: Anpas Toscana/Facebook